L’insieme di edifici denominato ex-Manzini/ex-CSAC si trova in prossimità del centro storico di Parma, nel quartiere San Leonardo.
Parma è una città di quasi 200mila abitanti, situata nella parte occidentale della regione Emilia Romagna, tra gli Appennini e la Pianura Padana. È rinomata per la sua ricca tradizione gastronomica e per il suo legame con la musica lirica, in particolare con Giuseppe Verdi.
La zona in cui si colloca il padiglione ex-Manzini è quella della prima espansione industriale della città oltre le mura agli inizi del XX secolo, favorita dalla vicinanza della rete ferroviaria che meglio consente l’insediamento delle prime fabbriche importanti di Parma. La maggior espansione del quartiere avviene nel secondo dopoguerra, periodo in cui il sistema insediativo si allarga senza una vera regia ordinatrice attorno al ruolo attrattore della stazione ferroviaria, nonché di via Trento, asse principale del quartiere e prolungamento della centralissima via Garibaldi. Il contesto attuale, caratterizzato da una forte connotazione sociale e multienica e costituito da un tessuto edilizio disordinato, dove predomina la residenza a fianco di una forte presenza di piccola industria, artigianato e commercio, è attualmente interessato da importanti interventi di riqualificazione urbana che hanno l’ambizione di costituire volano per una rigenerazione complessiva della parte nord della città di Parma.

Il padiglione si trova lungo il margine sud del quartiere su via Palermo, poco distante da via Trento, nelle immediate vicinanze della stazione ferroviaria ed a pochi passi dal centro storico.
L’immobile è stato per anni sede della ditta Manzini, che produceva macchinari per l’industria alimentare. La ditta, attiva fin dall’Ottocento, a partire dal 1925 si insedia in un lotto compreso tra via Palermo e via Brescia, dove si realizza lo stabilimento su progetto dell’arch. Camillo Uccelli. Gli edifici attuali sono costruiti a partire dal 1945, in seguito ai bombardamenti del 1944 e termineranno nel 1963, con la realizzazione del “padiglione Nervi” (così detto per il particolare tipo di copertura a campata unica di grandissima dimensione realizzata su presunto brevetto dell’ing. Nervi).
Dopo il trasferimento delle attività produttive nella nuova sede di via Paradigna, negli anni ‘80 il Padiglione Nervi e altre parti del complesso sono ceduti alla “Maestri S.p.a.”, la quale a sua volta stipulerà in un secondo momento un contratto d’affitto con l’Università degli Studi di Parma.
Nel 1984 si avvia così il recupero, che terminerà nel 1990, della storica fabbrica per ospitare al suo interno la sede temporanea del Centro Studi e Archivio della Comunicazione (CSAC)e della sua raccolta artistica. Molti sono i lavori intrapresi: internamente l’intervento più rilevante è la suddivisione del volume del Padiglione Nervi in tre piani attraverso impalcati metallici utilizzati sia per archiviare le opere d’arte che per esporle. Dopo il trasferimento dello CSAC nell’ex Abbazia di Valserena in Paradigna, il complesso rimane inutilizzato.
Tra il 2004 e il 2006, gli edifici vengono acquistati dalla STU Pasubio per la realizzazione del P.R.U. Pasubio, solo in parte attuato; in questa ottica viene demolito il capannone ad est del Padiglione Nervi .
Attualmente l’edificio è costituito da tre corpi di fabbrica: il padiglione centrale (cosidetto Nervi), di circa 1.000 mq ed altezza massima di 18 m, presenta una copertura a volta in elementi prefabbricati appoggiata su 4 pilastri ad unica campata (luce di 25 m in un senso e 34 nell’altro); il corpo centrale è affiancato da due corpi di fabbrica anch’essi con copertura a volta (altezza massima di 11 m) poggiante su muratura portante in mattoni a vista: quello a nord,in parte su 2 livelli, di circa 900 mq e quello ad ovest di circa 700 mq (quest’ultimo
potrebbe rimanere di proprietà privata ma con destinazioni d’uso complementari con quelle previste per la parte pubblica).
L’immobile, sarà ceduto al Comune di Parma in forza degli accordi tra Comune e proprietà, che regolano l’attuazione del comparto Pasubio.
È volontà dell’Amministrazione Comunale mantenere la struttura esistente quale memoria di archeologia industriale, pur in assenza di un vincolo della Soprintendenza.

IL GIARDINO

Gli organizzatori di Workout Pasubio hanno voluto lasciare un segno tangibile che possa permanere al di là delle quattro giornate del workshop. È stato quindi impiantato un giardino nell’area adiacente all’ex opificio, in quella che era una vera e propria discarica di materiali abbandonati dai cantieri della Stu Pasubio. Il giardino è stato progettato dalla garden designer Sandra Migliavacca e realizzato con la collaborazione dell’Ordine degli Architetti di Parma e dell’Associazione Pensare per Fare. L’area è stata pulita, livellata, sono stati piantati alberi, arbusti e tappezzanti, e arredata con le panchine di legno che si trovavano un tempo in Piazzale Inzani, recuperate nei magazzini comunali.
Il giardino è stato inaugurato nel pomeriggio di sabato 22 novembre, alla presenza del sindaco Pizzarotti e degli assessori Alinovi e Ferraris.
Le piantine di verdura sono state interrate dai bambini del quartiere nelle due piattaforme orticole improvvisate con assi da ponteggio.
Vista l’imminenza del Natale sono stati posizionati cinque abeti, allestiti con i decori realizzati dai bambini nei giorni precedenti nei laboratori didattici, tutti prodotti con materiali di recupero. “Questa è la dimostrazione di come un’area può rinascere con la partecipazione di tutti – ha detto il sindaco Federico Pizzarotti – un messaggio per far capire quanto è importante partecipare con le
difficoltà del decidere, mediare e confrontarsi con gli altri. Sono occasioni da non perdere: tutto ciò che è rigenerazione degli spazi della città lo stiamo facendo coinvolgendo la cittadinanza”. Le parole dell’assessore all’Urbanistica Michele Alinovi: “È bello vedere come questo processo partecipativo che ha coinvolto i cittadini non lascia solo dei concetti ma porta anche a riappropriarsi di uno spazio fisico, che può diventare uno dei luoghi di aggregazione della città: chiediamo ai cittadini di prendersene cura per il futuro”.
Lo si è voluto chiamare il “giardino del quartiere”, proprio perchè quest’area potrà sopravvivere solo grazie a chi volontariamente si offrirà di tenerne cura, attraverso pulizia, manutenzione e irrigazione estiva.